L’aspetto che colpisce di più è che la vicenda dei tre ragazzini protagonisti, che rischiano la vita per raggiungere l’unica scuola vicino a loro nei pressi dell’Himalaya, pone al centro il rapporto tra la vita e la natura minacciosa circostante.
Un romanzo semplice, breve, senza troppi fronzoli narrativi. Pochi personaggi ma ben delineati che colpiscono per la loro chiarezza. Una storia limpida, pur nella sua drammaticità, quasi uscisse veramente dalla bocca e dai pensieri di un ragazzino di prima media.
Tutto il cielo possibile è un libro strano, affascinante, assolutamente originale, che non bada a stravolgere la realtà pur di riuscire a descriverla in tutta la sua complessità, drammaticità e bellezza.
Il libro narra una storia anormale, la storia di August.
August è un ragazzino di prima media, dal volto sfigurato da una malattia. Sfigurato. Impossibile da vedere senza gridare al mostro.
Eppure sopravvive ad un anno scolastico. E nella sua anormalità compie gesti normalissimi, che in lui assumono la potenza dell’epicità eroica di Guerre stellari. Sì, per lui la vita è un episodio di una guerra che, con tutta la sua semplicità e debolezza, vince.
E scopre il mondo. Quello vero. Del male e del bene. Dell’amicizia e dell’odio. Della fatica e della felicità.
Dell’anormalità e della normalità. Perché lui non è normale. Ma proprio la sua diversità terribile, farà sì che tutti lo considerino la persona più normale che si possa conoscere, in una scuola media nel bel bel mezzo dell’America di un qualsiasi anno scolastico della vita di un ragazzino tremendamente normale.
Jack. Come Jack la Motta, di cui non sapeva quasi niente, se non che era un pugile e il suo soprannome era Toro Scatenato: fichissimo. Continua a leggere →