DA FONDO CAMPO

1.

— Si è calcolato che mediamente un uomo batte le ciglia 19 mila volta al giorno.

Per 19 mila volte il mondo scompare per una frazione incalcolabile di secondo.

Poi riappare. Non ci avevo mai pensato.

Con questo pensiero Pietro si rivolse a Sarah, mentre aspettavano di entrare nel cinema Lux.

— Dove leggi queste cose, me lo spieghi poi, rispose Sarah quasi stizzita della saputellaggine esistenziale del suo amore, a pochi minuti dal film.

— Beh, è una cosa piccola, ma se ci pensi fa impressione: appare, scompare; appare, scompare; appare, scompare… e così via, per miliardi e miliardi e miliardi e miliardi e miliardi e miliardi di volte nella vita di un uomo.

— E di una donna! — replicò totalmente disinteressata Sarah.

Pietro non colse l’acidità della fidanzata: era talmente acida a volte che non ci faceva più caso.

— Appare e scompare, ripeté Pietro.

— Eddaie. Continui! Sei proprio un martello!

Pietro prese sul serio la battuta di Sarah.

— È il mondo che è un martello. Non ti molla mai. Io posso chiudere gli occhi un’infinità di volte, ma ogni volta che li apro, lui c’è sempre.

Per esempio: anche se smetto di guardarti, tu rimani sempre lì, ti ritrovo. Pensa a quando dormi la notte: al mattino ti svegli e la realtà è lì pronta a farti vivere una giornata nuova. Nel piccolo infinitesimale, questo vale anche per un battito di ciglia. Non ti fa strano?

Certo, c’è chi dice che tutto esiste perché noi lo vediamo, ma mi sembra una teoria un poco superficiale: non considera che miliardi di persone nel frattempo hanno gli occhi aperti e lo vedono lo stesso: magari lo vedono a loro modo, ma lo vedono pur sempre!

È come una musica che non smette mai: interpretala come vuoi, ma la melodia è continua, dall’inizio dei tempi a oggi; dai dinosauri a Guerre stellari, che stiamo per andare a vedere in questo cinema di periferia di Milano.

Sarah si spazientiva facilmente su certe cose. E questa era una di quelle: quando cioè Pietro si fissava su particolari che per lei non avevano nessun senso.

Poi magari ci ripensava, e il giorno dopo ne discuteva forsennata con il suo amore per un’ora.

Ma sul momento non lo reggeva proprio: l’avrebbe mollato in tronco per il primo controllore dell’ATM che fosse passato. Ecco, ora era nella fase: O la smetti o divento vegana per affogarti in un mare di insalata e soffocarti nell’aceto balsamico, che mi chiedi sempre se puoi usare come balsamo per i capelli, così per risparmiare.

Pausa.

— Senti Pietro, ora stiamo per entrare a vedere Guerre stellari. È un anno che aspetto questo momento e non me lo puoi rovinare con i tuoi ragionamenti da pallettaro da fondo campo durante i primi turni dell’US Open di tennis. OK!?

Questa immagine stramba l’aveva letta ultimamente, non si ricordava bene dove, però era fiera di avergli dato del pallettaro da fondo campo: Pietro, il grande giocatore da sotto rete (così almeno si reputava lui) paragonato ad un pallettaro.

Pietro si accese una Marlboro e con agilità la portò a fondo labbra.

— Sarò pure un pallettaro come dici te, cosa falsa tra l’altro, ma Sarettah cara non voglio litigare sulla terra rossa [e con un rapido gesto sarcastico indicò il rosso del tappeto all’entrata del cinema] – però anche il pallettaro batte le ciglia, e secondo me supera la media e soprattutto sostiene la mia tesi: la pallina gialla lanciatagli dall’avversario appare e scompare, appare e scompare, fino a quando la colpisce con la potenza di un cannone: anche se in quel momento ha gli occhi chiusi. La colpisce e boom, la palla diventa una polpetta gialla schiaffata dall’altra parte del campo. Semplice.

Sarah perse le staffe.

Con l’agilità di una pantera, scese decisamente a rete, fregandosene di giocare sulla terra rossa, sul tartan, sul cemento o sul prato di Wimbledon, e caricò un dritto lungo linea che sembrava più una boccia da bowling pronta a spaccare uno strike.

— Ok, ora mi hai scassato le palle: fila a comprare biglietti, coca cola e i popcorn, mentre io vado al bagno.

Quando torno, poi, mi farai il piacere di scendere dal piedistallo da fachiro indiano tipo UnbattitodifarfallainTibetpuòscatenareunterremotoinCile e voglio solo più sentir parlare di quanto mi vuoi bene e di quanto son belli Harrison Ford e Luke Skywalker oooooook?!

Pietro la guardò senza battere ciglio.

Spense la Marlboro ed entrò nel cinema come una libellula che sfiora l’acqua stagna di un laghetto.

2

Sarah si chiuse nel bagno. Non riusciva a fare la pipì.

— Se Pietro ha ragione… il mondo rinascerebbe 19 mila volte al giorno. Rinascere 19 mila volta al giorno. Non scompare mai, allora. Il mondo mi apre le sue braccia, sempre paziente e curioso, stando in attesa che io riapra gli occhi. Il mondo indugia ad osservare come mi comporterò e lo tratterò.

E se pensava a Pietro la cosa diventava piacevole.

Che bello immaginare il suo amore più caro, a cui aveva donato il suo cuore, che ogni 24 ore si ridonava alla sua amata: in fondo come se fosse la prima volta, ad ogni battito di ciglia.

Cercò di non battere gli occhi. Dopo un po’ cominciarono a bruciarle. Resistette.

Si sforzò ancora. Nel frattempo cominciò a fare la pipì.

— Non ora cavoli, mi distrae!

Batté gli occhi esasperata. Tutto fluì con una rapidità appagante. Anche la pipì.

Ora era calma. Tutto ripartì placidamente.

3.

Pietro la aspettava con un sorriso da popcorn appena sfornato.

Agli occhi di Sarah apparve bellissimo. Batté le ciglia. Gli corse incontro come lo vedesse per la prima volta.

Batté le ciglia. Lo rivide. Era uguale, ma diverso.

— Ti amo!, demi volée e batté le ciglia. Era uguale, ma diverso.

— Ti amo!, incrociato e batté le ciglia. Anche ora aveva uno sguardo differente, ma era lui, sempre più bello.

— Ti amo!, lift e batté le ciglia. Il suo sguardo da panda era bizzarro, ma era Pietro, il suo Pietro.

— Ti amo!, palla goccia e batté le ciglia. Le mani di Pietro suonavano una melodia con il cartoccio dei popcorn, la sua melodia preferita, la sua di lei.

— Ti amo!, serve and volley e batté le ciglia. I capelli irti disegnavano un mare spettinato, che lei conoscevano benissimo.

— Ti amo!, slice e batté le ciglia. La barba incolta le ricordava i campi arsi del sud, la sua terra. La sua di lui.

— Ti amo!, stop volley e batté le ciglia. L’occhio sinistro dell’uomo si chiuse, tradendo un’incomprensione crescente e piacevole.

— Ti amo!, topspin e batté le ciglia. Lo avrebbe fatto all’infinito, per scoprire tutto quello che quegli anni le avevano tenuto nascosto o che lei non aveva saputo osservare.

Lo baciò e, underspin, batté le ciglia. Le labbra di quell’essere di fronte a lei erano ancora troppo inesplorate e a questo pensiero arrossì.

Lo baciò e, passante, batté le ciglia.

— Un bacio ancora — pensò. Lo baciò e, smash batté le ciglia.

Adesso chiuse gli occhi e non voleva più riaprirli, come quando da bambini si apre un regalo a Natale e la voglia di aprire il successivo ti sembra già scolorire la sorpresa appena scartata, creandoti un disagio quasi mortale.

Lo baciò e, diritto, batté le ciglia.

— Amami per sempre, gli sussurrò nell’orecchio.

Pietro lasciò cadere i popcorn e la sua dignità. La abbracciò nel modo in cui le palpebre abbracciano l’occhio.

Forse Sarah aveva capito più di quello che aveva intuito Pietro.

— Sei stupenda piccola: devo ancora capire cosa ti è successo in bagno, ma non darmi mai più del pallettaro da fondo campo.

I popcorn calpestati protestarono scrocchiando. Game, set, match.

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